La chiesa parrocchiale del SS. Corpo di Cristo

Fu unanimemente decisa la costruzione di questa chiesa in un'assemblea che vedeva la presenza dei nobili e degli abitanti di Valvasone, riunita la mattina del 21 luglio del 1449 nella locale chiesuola di San Giacomo.
Per l'erezione del nuovo tempio, che doveva sostituire in tutte le sue prerogative la vecchia parrocchiale (di cui tra poco si dirà) ritenuta troppo angusta e decentrata e che si volle intitolato al SS. Corpo di Cristo probabilmente a perenne ricordo dell'asserito miracolo di cui si conserva sul posto la reliquia miracolosa della Sacra Tovaglia, i Valvason si impegnavano a cedere un'area compresa entro la seconda cinta muraria, allora occupata da case ed orti di proprietà comitale.
Si ignorano purtroppo il nome dell'eventuale redattore del progetto e i ritmi secondo i quali a questo venne data attuazione anche se per più ragioni c'è da credere essere la costruzione proceduta, per la presenza in paese dell'altra parrocchiale, piuttosto lentamente. Ipotesi che troverebbe conferma nel fatto che solo - sempre che la data sia esatta - nel 1484 si potè procedere alla consacrazione del sacro edificio.
Si trattava - e tuttora per fortuna si tratta visto che gli uomini ed i tempi non hanno cancellato le strutture architettoniche uscite dalle mani di questi quattrocenteschi maestri muratori - di un ampio vano a pianta rettangolare, a capriate scoperte, terminante verso Oriente - come voleva la tradizione - con un presbiterio affiancato da altre due cappelle di cui quella di sinistra anche in funzione di basamento per il sovrastante campanile.
Una tipologia questa affatto originale, ispirata, anche nelle linee tardo gotiche, a realizzazioni presenti in zona tra cui senza andare tanto lontano, quella più similare pare essere costituita dalla parrocchiale di Maniago consacrata nel 1488.
Quasi inutile aggiungere che la funzione consacratoria del 1484 sarà da considerare solo una tappa nella lunga vicenda architettonica di questa chiesa, quella cioè che doveva veder giunti a conclusione i lavori di muratura (probabilmente da completare rimaneva ancora il campanile) ed un primo lotto degli interventi arredativi interessanti le ricordate tre cappelle: altari con relative pale, bancate corali per il presbiterio. Operazione quest'ultima senza dubbio continuatasi - anche se purtroppo non documentabile come si vorrebbe per le lacune dei soccorsi archivistici - durante i primi decenni del Cinquecento. Testimonianze superstiti di questa lenta opera di abbellimento, motivata dalle esigenze della liturgia da un lato e dalla affermazione della propria "immagine" da parte dei conti giuspatroni della chiesa dall'altro, saranno da considerare la costruzione dell'organo avviata nel 1532; l'erezione degli altari del Corpo di Cristo (con tabernacolo per custodia, tra l'altro, dell'Eucarestia), di S. Nicolò da Bari, della S. Croce e del Presepio (o della Madonna posto sotto la cantoria dell'organo a completarne fino al pavimento la macchina lignea intagliata e dorata), tutti pronti per la rituale consacrazione avvenuta nel 1550; la fornitura da parte del pittore Pomponio Amalteo di una pala per il menzionato altare del Presepio, come da contratto firmato nel 1551 contestualmente alla commessa della decorazione del prospetto della cantoria e di altra tela per l'altare della S. Croce e di un Crocifisso ligneo, opere entrambe messe in opera tra il 1556 ed il 1557.
Per modo che il turista che nel 1573, al seguito del vescovo di Concordia Pietro Querini in visita pastorale alla chiesa (ma anche quello che avesse accompagnato Cesare de Nores, in paese per analoga funzione, nel 1584), avesse posto piede in questo tempio avrebbe potuto vedere alla sua sinistra, appena varcata la porta grande, l'altare di S. Nicolò; nella cappella a sinistra del presbiterio l'altare dei Ss. Giacomo e Cristoforo (di fronte al quale pendevano le funi azionanti le campane della soprastante torre); a ridosso del setto divisorio in muratura l'altarolo del Corpo di Cristo con il tabernacolo; nel presbiterio, illuminato da due monofore, l'altar maggiore con la pala raffigurante il "Salvatore" probabilmente ostendente le piaghe della passione; nella sommità dell'arco trionfale, poggiante su trave, il grande Crocifisso ligneo dell'Amalteo; addossato all'altro setto divisorio, verso destra, il piccolo altare della S. Croce; nella cappella contigua l'altare di S. Caterina d' Alessandria; sotto la cantoria l'altare del Presepio.
Durante la prima decade del Seicento, per dar corso ad una risistemazione dell'interno della chiesa rispondente alle nuove esigenze controriformistiche, venivano ristrutturati gli altari di S. Nicolò e della Croce (quest'ultimo portato nella navata con una nuova pala dipinta da Anzolo da Portogruaro); rifatta la copertura del battistero ad opera di Pietro Tellino e, forse sempre ad opera dello stesso, anche nuove bancate presbiteriali portate dietro l'altar maggiore a sua volta ricostruito "alla romana".
Sempre quale effetto della cultura controriformistica, ormai però priva di ansie controversiastiche o di didattica religiosa immediata, tra la seconda metà del Sei e il primo decennio del Settecento si registra una nuova modificazione dell'arredo fisso (cui s'accompagna analoga operazione relativamente a quello mobile) nell'interno della chiesa: il marmo sostituisce il legno intagliato di precente impiego, il baluginare delle dorature lascia posto alla cromia delle pietre, le dimensioni si dilatano alla ricerca dell' effetto scenografico.
Si inizia così con il por mano, nella seconda metà del Seicento, al completo rinnovo dell'altar maggiore che perde la sua antica pala con il "Salvatore" e vede esaltato il protagonismo del tabernacolo anche in rapporto all'accentuarsi del culto verso la miracolosa reliquia della Sacra Tovaglia. E poi, a cavallo tra i due secoli è la volta dei contigui di S. Giacomo e di S. Caterina d'Alessandria sul quale ultimo si volle collocata una pala di Giulio Quaglio. Nel 1705, infine, a completamento di tutta l'operazione di "cosmesi" si procede alla rifabbrica in marmo e pietra dell'altare della S. Croce. Di ridotta importanza gli interventi settecenteschi tra i quali andranno sottolineati l'erezione della Via Crucis nel 1754 ed il rinnovo della pala dell'altare di S. Nicolò ad opera di Matteo Luigi Canonici nel 1791. Nel corso del successivo Ottocento gli unici lavori di un certo significato sembrano essere quelli interessanti il rifacimento della pavimentazione in pietra della navata affidata nel 1870 a Luigi de Mori da Serravalle e da lui condotta a termine nel 1871, con la conseguente cancellazione, salvo due eccezioni, di tutte la lastre tombali, e la fornitura nel 1872 di una balaustrata in ghisa per il presbiterio, con la posa in opera della quale assai probabilmente si demolirono i due altari ancora addossati ai lati dell'arco trionfale. Ma l'opera destinata a lasciare tracce profonde sulla chiesa veniva avviata nel 1889 e condotta a termine durante il primo decennio dell'attuale secolo. Si trattava della ristrutturazione radicale della facciata, del rifacimento di tutte le finestre in forma diversa da quella ereditata dal secolo precedente, del ritinteggio su nuova intonacatura, che assai probabilmente cancellò tutte le tracce di precedenti affrescature, dell'interno ispirato ad un revival neogotico che investiva anche il controtetto, la bussola, la copertura del fonte battesimale ed il pulpito-bussola della porta laterale. La complessa e discutibile operazione venne condotta sulla scorta di disegni di Luigi Polo Lenardon di San Vito al Tagliamento e venne a costare la spesa di 26473 lire e 41 centesimi. Impegnato nella conservazione più che nel rinnovo risulta il corrente secolo, dopo lo scampato pericolo del 1907 quando Domenico Rupolo presentò un progetto per una completa revisione dell'area presbiteriale. Perchè esorbitanti dalla normale gestione ordinaria, si potranno ricordare: l'elettrificazione delle campane del 1954, la provvista di nuovi banchi disegnati dall'udinese Giacomo della Mea inaugurati nel 1961; la collocazione nel 1964 di un nuovo organo nel retro coro opera della casa organaria codroipese di Francesco Zanin di Gustavo Zanin con l'allontanamento delle bancate corali settecentesche confinate, sino ad oggi, nei depositi della casa canonica; il restauro nel 1974 della parte fonica ad opera di Alfredo Picinelli di Padova e della parte artistica a firma di Marchetot dell'organo cinquecentesco consentendo così la rimessa in opera dello strumento nel contesto di un progetto rivalutativo tutt'ora perseguito; il consolidamento ed il recentissimo ritinteggio della facciata della chiesa offesa dai sismi del 1976.


Fabio Metz(da Valvasone, Guida all'incontro)