Suggestioni sonore a Valvasone

Un antico borgo medioevale ove immagini e suoni di un tempo
si fondano armoniosamente.

"Valvasone. Castello murato, ed è assai grosso di là del Tagliamento, ma poco discosto dal fiume verso Ponente, discosto da Udine miglia 15 [... ]": con queste parole Girolamo di Porcia, poco dopo la metà del Cinquecento, ricordava Valvasone nella sua Descrizione della Patria del Friuli. Oggi, ad oltre quattro secoli di distanza, il castello fortunatamente è ancora lì che domina sui borghi cresciuti ai suoi piedi: il suo aspetto però non è più minaccioso, ma malinconico e gentile. Costituisce l'elemento più evidente e suggestivo del paesaggio urbano di questo piccolo centro della pianura friulana, ma non è unico ed esclusivo. Ad un visitatore attento infatti Valvasone si presenta come un piccolo scrigno ricco di richiami e suggestioni antiche. Si tratta soprattutto di richiami visivi emanati dalla bellezza della struttura urbanistica rimasta sostanzialmente medievale, dai tanti deliziosi scorci che appaiono qua e là nelle calli e nei campielli, dallo scorrere degli archi nei diversi porticati, dai monumenti maggiori del paese: il duomo innalzato nella seconda metà del Quattrocento per custodire degnamente una miracolosa reliquia eucaristica (la Sacra Tovaglia), l'ex convento servita delle Grazie, la chiesetta dei Ss.Pietro, Paolo ed Antonio Abate con l'annesso antico ospedale, la torre portaia di settentrione... Ma anche ai richiami sonori, alla musica vera e propria deve prestare attenzione il visitatore mentre si aggira in questo scrigno, a cominciare dal suono pastoso e rotondo del campanone del duomo, realizzato nel 1533 e rifuso due secoli dopo da Domenico Zambelli di Cèneda. Sempre nel duomo, intitolato al SS. Corpo di Cristo, è custodito gelosamente un magnifico organo rinascimentale, opera di Vincenzo Colombo da Casale Monferrato attivo in Venezia nel XVI secolo. A volerlo, nel 1532, furono Pertoldo, Valenzio, Modesto, Ludovico ed Enrico, signori di Valvasone e giuspatroni della chiesa. La sua voce risuona ancora oggi solenne e maestosa, nonostante le "offese" del tempo e degli uomini ne abbiano in parte alterato il timbro, in un'aula, quella della chiesa, acusticamente perfetta, ed è una voce particolarmente preziosa perché profusa dall'unico strumento superstite della scuola rinascimentale veneziana. Oltre al suono, assai preziosi sono in questo strumento anche il cassone e la cantoria opera di Stefano e Girolamo entrambi da Venezia, le dorature dei fregi di Tommaso da Udine e le portelle iniziate a dipingere nel 1538 da Giovanni Antonio de Sacchis detto il Pordenone ed ultimate dal genero Pomponio Amalteo. Quest'ultimo dipinse anche, intorno alla metà del secolo, il prospetto della cantoria, i due fregi ad affresco ed i fianchi del cassone. I soggetti delle pitture sono perlo più legati al tema dell'eucarestia cui la chiesa è dedicata: possiamo ammirare a portelle chiuse La raccolta della manna nel deserto, a portelle aperte Il sacrificio di Abramo e Il sacrificio di Melchisedech; nei pannelli della cantoria, invece, da sinistra a destra: Le nozze di Cana, La cacciata dei mercanti dal Tempio, La piscina probatica, La moltiplicazione dei pani, La cena in casa di Simone. A questo strumento si avvicendarono organisti, spesso provenienti da varie parti d'Italia, di cui non si può dar conto in questa sede. Ricordo soltanto la gloria locale Lazzaro Girolamo Valvasensi (1585-1661) per lunghi anni titolare dello strumento e apprezzato compositore: dei suoi almeno 16 libri di musiche vocali sacre e profane con accompagnamento strumentale purtroppo solo nove sono giunti fino a noi e non tutti completi. Un altro gioiello organario si conserva in questo piccolo centro friulano: si tratta di un organo d'anonimo autore e di provenienza sconosciuta, databile tra la fine del Cinque e l'inizio del Seicento, che si trova nella cantoria della chiesa dei Ss. Pietro, Paolo ed Antonio Abate.  A differenza del più illustre compagno è giunto nella sua attuale collocazione in epoca successiva a quella di costruzione, probabilmente nella prima metà del Settecento quando la chiesa è stata ampliata e dotata di una piccola cantoria. In origine si trattava di un organo positivo da tavolo di utilizzo profano, di uno strumento cioè che grazie a due maniglie in ferro applicate ai fianchi si poteva con una certa facilità spostare da un luogo all'altro e collocare poi semplicemente sopra un tavolo. Un'eccezionale valenza storico-artistica di questo piccolo organo si deve sia alla sua unicità in terra veneto-friulana (senza dover scomodare le requisizioni napoleoniche, la stessa natura mobile di questi strumenti ne ha in qualche misura favorito il deperimento e la pressoché generale scomparsa) sia allo stato di conservazione con cui ci è giunto: a parte gli inevitabili adattamenti alla cassa, alla manticeria e alla tastiera effettuati nel momento della sua sistemazione in chiesa, sembra non aver subito modificazioni di rilievo alle varie componenti foniche. Certo la cassa semplice e povera sfigura, se raffrontata a quella splendida dello strumento del duomo, ma la bellezza del suono compensa questa mancanza e forse proprio al suo aspetto poco appariscente e alla sua in un luogo angusto, non facilmente accessibile, si deve la sua salvezza. A questi due strumenti l'associazione per i concerti di Musica antica di Valvasone, diretta per la parte artistica dal dott. Loris Stella principale artefice della loro riscoperta e del loro recupero, dedica ormai da cinque lustri una stagione concertistica settembrina, animata da interpreti di fama mondiale, stagione che richiama musicisti e appassionati da diverse regioni non solo italiane. Latradizione organaria o, meglio, musicale , valvasonese trova una sorta di anticipazione visiva in un affresco, databile tra il secondo e terzo decennio del XV secolo, rinvenuto recentemente in una sala del castello. Nella scena di carattere cortese una regina, accompagnata da due eleganti fanciulle che suonano l'una una viella, l'altra un organo portativo con canne inserite in una struttura lignea caratterizzata da torri merlate, porge a un giovane cavaliere un elmo con cimiero e corona. Sempre in castello, nel salone al pianterreno, destinato già nel Cinquecento ad ospitare intrattenimenti musicali e teatrali, sono visibili alcuni stupendi putti musicanti nell'atto di suonare il liuto, la viola da gamba e la viola da braccio. Sicuramente ivi risuonarono anche le musiche che da più compositori furono indirizzate ai signori di Valvasone. In questa terra così ricca di suggestioni musicali, stando a recentissime indagini del musicologo udinese Lorenzo Nassimbeni, ebbe i suoi natali intorno alla metà del Settecento il famoso soprano Adriana Ferrarese interprete acclamata nei maggiori teatri europei dell'epoca: Londra, Vienna, Dresda, Varsavia, Milano, Trieste, Bologna, Firenze, Udine... W. A. Mozart per lei scrisse due arie, Un moto di gioia e Al desio di chi t'adora, inserite ne Le nozze di Figaro, e a lei affidò l'importante ruolo di Fiordiligi nella prima esecuzione di Così fan tutte al Burgtheater di Vienna il 26 gennaio del 1790.

Luigi Colussi